Étant loin de mes bases, je vais très vite. Ce qui suit n’a pas à voir explicitement avec l’objet de Planète sans visa, qui est la tragédie écologique. Mais toute régression manifeste vers le tribalisme, la haine, le racisme ne peut que nous éloigner tous des questions essentielles, et pour cette raison, je devais écrire ce qui suit. Je suis effaré par la réaction de Cohn-Bendit et de Mélenchon. Je résume : Zemmour donne un entretien au quotidien Il Corriere della Sera, que vous trouverez ci-dessous dans sa version originale italienne. Mélenchon a rendu publics certains morceaux, l’affaire a enflé, et finalement Zemmour se fait virer d’I-Télé, ce qui lui permet de hurler à la Lune et à la censure des bien-pensants. Là-dessus, Cohn-Bendit et Mélenchon protestent contre son éviction.
Je ne parlerai pas de leurs arguments, car ils m’indiffèrent. Comment ces gens peuvent-ils être à ce point aveugles ? Ma lecture des mots criminels de Zemmour est simple : ils dessinent les contours d’un nouveau, mais cette fois véritable fascisme (ici pour une partie de la traduction). Je n’emploie pas ce mot à la légère, et voici pourquoi. Le Front National a toujours compté dans son sein des petites crapules, en effet fascistes. Mais lui-même n’a jamais été qu’un mouvement d’extrême-droite, répugnant certes, mais incapable de créer un mouvement de masse, mais incapable de viser des objectifs ouvertement antirépublicains.
Zemmour, qui critique au passage le FN – trop « à gauche » au plan social -, va bien plus loin. Il recrée, fantasmatiquement pour l’heure, les conditions qui ont permis le pire il y a 74 ans, quand le régime de Vichy imposait un statut aux juifs, leur interdisant tant de professions. Il justifie dès l’avance les pires crimes racistes à venir, en proclamant que les musulmans ne sont bons qu’à être expulsés. Et il le fait, amis, à la manière des salauds de jadis, sans prendre la peine de constater que la grande majorité sont français. Autrement dit, il conteste leur nationalité, et dès lors, tous les déchaînements deviennent possibles.
Zemmour n’est qu’un symptôme peut-être, mais de la guerre qui menace. On le sent palpiter à l’idée du chaos et de la guerre civile, qu’il évoque directement. Et dans son petit esprit franchouillard, ce ne seraient pas les racistes comme lui, les responsables, mais les victimes elles-mêmes, décrétées « inassimilables ». Et cela, mes amis, c’est le discours des nazis face aux juifs, ni plus ni moins. Je relis – oui, je relis – les milliers de pages de l’incroyable Journal de Joseph Goebbels, grand chef du Troisième Reich. Eh bien, on voit parfaitement comment le crime total est tourné de telle manière que les seuls responsables en sont ceux qui meurent dans les chambres à gaz.
Oh ! non, Zemmour n’est pas nazi. Ce n’est qu’un terrible imbécile. Un épouvantable irresponsable qui jouit de ses si maigres dispositions intellectuelles et morales. Pourquoi se gênerait-il ? L’époque l’adule, l’époque le porte en triomphe. J’en ai fini. Pourquoi Cohn-Bendit et Mélenchon ne voient-ils pas ce qui crève les yeux ? Pour la première fois depuis la guerre, un écrivant célèbre et populaire dessine le cadre d’une politique du meurtre. La seule explication est que ces supposés chefs politiques sont eux aussi de cette époque pathétique. Dans d’autres circonstances, ils feraient rire. Cohn-Bendit, l’ancien, le très ancien révolté devenu un pauvre pépère, salarié-pigiste d’Europe 1, marchand d’armes à mi-temps via Lagardère. Et Mélenchon, amoureux transi de Mitterrand et Jospin, recyclé dans les odes à la Révolution française. Oui, à un autre moment, j’aurais rigolé de bon cœur.
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Corriere della Sera – Stefano Montefiori
IL SUCCESSO DI ZEMMOUR, L’ARRABBIATO ANTI-ÉLITE «LA FRANCIA SI È SUICIDATA»
Contro i gay, gli immigrati, l’Ue: ha venduto mezzo milione di copie
PARIGI Il premier socialista Manuel Valls lo detesta e lo cita più volte come minaccia alla convivenza civile ma questo non fa che accrescere la fascinazione di tanti francesi per Éric Zemmour, 56enne editorialista del Figaro , ubiquo polemista radiotelevisivo e autore di « Le suicide français » (Albin Michel), un saggio di 500 pagine sui «quarant’anni che hanno distrutto la Francia».?Contro l’eredità del maggio 68, il femminismo, l’immigrazione, l’Europa e le nozze gay, Zemmour ha scritto un libro pieno di rimpianto per l’epoca d’oro (secondo lui) in cui gli uomini sapevano imporre la loro autorità di padri e mariti e la Francia non era «invasa dai musulmani salafisti». Soprattutto, «Il suicidio francese» è da due settimane primo in classifica, si avvia a raggiungere il mezzo milione di copie vendute e a battere il record del bestseller anti-Hollande di Valérie Trierweiler.
Che cosa ci dice, della società francese, un successo simile? Se lo aspettava?
«Da un punto di vista personale è un’immensa soddisfazione, ovviamente. Per la struttura mi sono ispirato al libro di un italiano, Patria 1978-2008 di Enrico Deaglio: non l’ho letto, ma ho preso da lì l’idea di mescolare la cultura popolare e il saggio politico. Mi aspettavo di creare dibattito, ma non di vendere così tanto. Questo successo è un plebiscito politico, ideologico. La gente mi ferma per strada e mi dice che finalmente qualcuno esprime la loro sofferenza. Il popolo francese non si rassegna a vedere la Francia morire sotto i suoi occhi».
Il suo libro è una specie di manifesto reazionario e populista.
«Ma io lo rivendico, il populismo. Apparentemente la facciata resiste, Parigi è sempre bella e le ragazze fanno ancora girare la testa, ma sotto la superficie tutto è marcio. Il populismo è il rifiuto di rinunciare alla nostra maniera di vivere».
E chi sarebbe responsabile di questo attentato alla vecchia Francia?
« Le Monde ha scritto che il mio è un libro complottista. Ma io non denuncio un complotto, critico un’evoluzione della società imposta dalle élite francesi. Negli ultimi quarant’anni queste élite hanno agito secondo le tre D: derisione, decostruzione, distruzione della Francia, in nome dei grandi ideali, ovvero l’Europa, l’apertura al mondo, il progresso».
La modernità, la globalizzazione, l’immigrazione, riguardano tutti, non solo i francesi.
«È vero, ma solo in Francia c’è un simile odio di sé veicolato dalle élite. Non fanno che ripeterci che non siamo abbastanza tedeschi, o americani, o svedesi. Tutti i modelli sono buoni, tranne il nostro. Poi, in Italia non c’è Stato forte, la società è abituata a difendersi. Noi ci sentiamo traditi dallo Stato. Siamo il Paese con la prima comunità musulmana d’Europa».
Ma le élite che lei denuncia difendono la laicità, per esempio. La Francia è uno dei pochi Paesi dove il burqa, e pure il velo nelle scuole, sono vietati.
«Ma sono residui, insufficienti, di un sistema ormai finito. Il modello francese era l’assimilazione, ossia “tutti possono essere francesi se fanno lo sforzo di essere francesi”. I miei antenati erano berberi di religione ebraica, non erano certo i galli, ma io oggi dico che i miei antenati sono i galli. Tutto questo non esiste più. I musulmani hanno un loro codice civile, è il Corano. Vivono tra di loro, nelle periferie. I francesi sono stati costretti ad andarsene».
Lei allora che cosa suggerisce? Deportare [ce mot n’a pas été prononcé devant Zemmour, NDLR] cinque milioni di musulmani francesi?
«Lo so, è irrealista, ma la storia è sorprendente. Chi avrebbe detto nel 1940 che un milione di pieds-noirs , vent’anni dopo, avrebbero lasciato l’Algeria per rientrare in Francia? O che dopo la guerra 5 o 6 milioni di tedeschi avrebbero lasciato l’Europa centro-orientale dove vivevano da secoli?».
Parla di esodi provocati da tragedie immense.
«Io penso che stiamo andando verso il caos. Questa situazione di popolo nel popolo, di musulmani dentro i francesi, ci porterà al caos e alla guerra civile. Milioni di persone vivono qui, in Francia, e non vogliono vivere alla francese».
Ma che significa vivere alla francese?
«Significa dare ai figli nomi francesi, essere monogami, vestirsi alla francese, mangiare alla francese, formaggio per esempio. Scherzare nei caffè, fare la corte alle ragazze. Amare la storia di Francia, sentirsi i depositari di questa storia e volerla continuare, sto citando Ernest Renan».
Se la prende con una supposta ideologia cosmopolita e totalitaria ma lei, Éric Zemmour, è sempre in tv.
«Io dico le cose che la maggior parte dei francesi pensano, da cui il successo clamoroso del mio libro. Contro di me però c’è l’ideologia dominante delle élite, ormai screditate, che provano a imporre alla società quel che è corretto pensare: il mariage pour tous , il femminismo, l’Europa, la globalizzazione, l’immigrazione vista come una ricchezza. Ma il popolo non la pensa così».
Lei punta a fare l’ideologo del Front National?
«No, su certi temi siamo lontani, il Front National per esempio non si è schierato abbastanza contro il matrimonio degli omosessuali, e da un punto di vista sociale ormai è troppo a sinistra. Ma io non mi pongo sul terreno dei partiti, la mia dimensione è quella delle idee. Conduco una guerra culturale, come direbbe Gramsci».